Annunciato dai direttori Mariette Rissenbeek e Carlo Chatrian il programma della 70ma edizione del Festival (20 febbraio/1° marzo), che prevede diciotto film in Concorso provenienti da altrettanti Paesi (16 le anteprime mondiali), “che corrispondono a quelle pellicole che meglio rappresentano, secondo noi, il cinema in generale”. Nessuno dei film in concorso è prodotto da una piattaforma di streaming, leggi Netflix, precisano in conferenza stampa, trasmessa in diretta streaming.
“Essere capaci di supportare i film scelti, di ispirare e creare discussioni attorno alle pellicole e alle storie, è importante quanto il selezionare dei film – sottolinea Carlo Chatrian, che promette di perfezionare il suo tedesco per l’anno prossimo – Ogni film è un’entità che va giudicata per se stessa ma fa anche parte di un grande quadro, che va guardato nel suo insieme”. A chi gli chiede se anche lui, come Kosslick, abbia un suo motto, Chatrian risponde prendendo le distanze: “Gli slogan sono importanti per la comunicazione, ma possono anche diventare una trappola. Ogni spettatore troverà i suoi Trend Topic, perché il vostro lavoro come fruitori è molto importante”. Il criterio di selezione principale è stato quello della qualità artistica, un po’ come vale in generale anche per gli altri festival internazionali come Cannes e Venezia, garantisce Chatrian, che esorta tutti ad essere più curiosi che assertivi nei confronti dei film che vedranno.
Non è mancata l’attenzione alla parità di genere, prevista dal protocollo 50/50 2020 firmato dall’ex direttore Dieter Kosslick, con sei registe presenti quest’anno in competizione. Chatrian precisa: “Il protocollo serve soprattutto a creare consapevolezza sulle differenze che non sono solo differenze di genere. Il film è un processo collettivo. Comunque sia Mariette che io siamo molto impegnati su questo fronte, come testimonia anche la presenza femminile tra i selezionatori”.
Tra gli ospiti ci sarà anche Hillary Clinton, per la docuserie Hillary di Nanette Burstein, presentata in Berlinale Special Gala. Rispetto alla scelta di ampliare Berlinale Special, spiega Chatrian: “Non vogliamo fare doppioni con il concorso, questi film sono forti in termini di qualità e di stile e rappresentano un cinema che sta cambiando nei modi di realizzazione e produzione, ma non tutti hanno la forza di stare nella competizione principale”.
Tra i temi la sostenibilità e una forte presenza della città di Berlino a partire dalla nuova versione di Berlin Alexanderplatz di Burhan Qurbani, che torna dopo dieci anni da Shahada. Con Welket Bungué, Jella Haase e Albrecht Schuch nel cast, è un film sicuramente molto atteso dai giornalisti, non solo tedeschi, che dovrà vedersela con un modello imponente come l’omonima serie di Fassbinder del 1980. DAU. Natasha di Ilya Khrzhanovskiy e Jekaterina Oertel si preannuncia come un film provocatorio e trasgressivo con scene forti; The Woman Who Ran di Hong Sangsoo segna il ritorno dell’autore coreano, “un regista che film dopo film cerca la semplicità e il minimalismo”; Effacer l’historique di Benoît Delépine e Gustave Kervern con Blanche Gardin, Denis Podalydès e Corinne Masiero, è un film “tragico e beffardo diretto da registi familiari al pubblico della Berlinale, sulle conseguenze delle nuove tecnologie e dei social media nella vita delle persone”; El prófugo di Natalia Meta con Érica Rivas, Nahuel Pérez Biscayart e Daniel Hendler, è l’opera seconda di una regista argentina, “un noir che ha al centro della narrazione l’universo della musica”; Favolacce di Damiano e Fabio D’Innocenzo con Elio Germano, Barbara Chichiarelli e Lino Musella, è l’opera seconda dei giovani gemelli, classe 1988, “un progetto ambizioso, un affresco molto particolare”; First Cow di Kelly Reichardt con John Magaro, Orion Lee, Todi Jones, altra opera a firma femminile; Irradiés del cambogiano francese Rithy Panh con Bion, Eré Wilms Rebecca Marder, “è un film difficile, da guardare con sguardo aperto”; Le sel des larmes di Philippe Garrel con Logann Antuofermo, Oulaya Amamra, Eré Wilms, è il 28° film del cineasta di culto, girato in bianco e nero, “un racconto sulla crudeltà dell’amore”; Never Rarely Sometimes Always di Eliza Hittman con Sidney Flanigan, Talia Ryder, Théodore Pellerin, Ryan Eggold e Sharon Van Etten, “è una storia di teen ager che riscrive il family cinema, illuminato dalla dop Hélène Louvart”; Days di Ming-Liang Tsai, vincitore dell’Orso d’argento nel 1997, è “un film semplice in termini di narrazione, una storia di dolore e conforto”; The Roads Not Taken di Sally Potter conta su un grande cast con Javier Bardem, Elle Fanning, Salma Hayek e Laura Linney; My Little Sister di Stéphanie Chuat e Véronique Reymond è ambientato nella scena teatrale berlinese; There Is No Evil di Mohammad Rasoulof è l’opera di un cineasta iraniano sottoposto a limitazioni dal regime di Teheran, “tratta il tema della pena di morte attraverso le storie di 4 personaggi”, Chatrian spera che al regista verrà concesso di venire al festival dalle autorità del suo paese; Siberia di Abel Ferrara con Willem Dafoe, Dounia Sichov, Simon McBurney e Cristina Chiriac, rappresenta la capacità di Ferrara di “rimanere fedele a se stesso e alla sua voglia di raccontare la verità grazie al suo complice Willem Dafoe con un’opera non narrativa”; Todos os mortos di Caetano Gotardo e Marco Dutra, “contrassegnato da un sincretismo stilistico, parla della schiavitù, che il Brasile è stato l’ultimo paese ad abolire, attraverso la storia di due famiglie”; Undine di Christian Petzold, cineasta tedesco per la quarta volta in concorso, è un film sull’amore con Paula Beer che rilegge un mito acquatico; infine in concorso Volevo nascondermi di Giorgio Diritti, “un regista non molto conosciuto fuori dall’Italia che per questo film ha scelto la storia di un pittore, Ligabue, considerato un rivoluzionario, un uomo fisicamente brutto e con un brutto carattere, mentre il film è un lavoro sulla pittura come arte magica ma anche un viaggio all’interno di un’anima”.
(cit. Cinecittà News)