Hollywood Italia «Il cinema è un affare d’oro. Così vola anche il turismo».

Intervista a Stefania Ippoliti. «Prendiamo esempio dalla Francia: lì tutti gli operatori pagano una tassa ad hoc per finanziare il settore audiovisivo». Stefania Ippoliti, coordinatrice delle Italian Film Commissions (Ifc) e responsabile della fondazione toscana, non si accontenta e rilancia. «Abbiamo avuto più fondi, i risultati si vedono».
Cinema, fiction e tv per spingere la ripresa. Sarebbe un lieto fine da film…
«Il ministro Franceschini ha stabilizzato il tax credit, un’arma fondamentale. Ma le risorse non si possono chiedere sempre alle esangui casse della Cultura».
Non è che gli altri ministeri siano messi molto meglio.
«Dovrebbero valutare i benefici, non solo i costi. A parte le spese dirette sul territorio, c’è il ritorno di immagine che è impossibile da quantificare. E allora chiamiamo in causa l’Economia, lo Sviluppo Economico e anche il Turismo, chiaramente». ‘Impossibile da quantificare’ non aiuta molto.
«Faccio un esempio. In Toscana è stata girata la fiction Passione. Bene, l’anno dopo abbiamo avuto un boom di turisti brasiliani: più 22 per cento, un dato assolutamente anomalo».
Le produzioni straniere stanno tornando?
«C’è un interesse crescente verso il nostro Paese. E questo grazie anche alle possibilità che offre il tax credit per chi arriva dall’estero. Se i produttori esecutivi italiani hanno benefici fiscali, si riflettono indirettamente anche su chi viene da fuori».
Le Film Commission hanno alle spalle gli enti locali, soprattutto le Regioni. Come si passa indenni tra le fauci della spending review?
«La cultura di solito non è mai la prima da salvare, siamo preoccupati. Qualcuno, come la Puglia, è riuscito intelligentemente ad attingere ai fondi europei. Ma tanti altri sono appesi ai contributi regionali. Staremo a vedere».
Qualcuno vi critica perché concedete risorse soprattutto in base alle ricadute economiche. Non si corre così il rischio di tagliare fuori le piccole produzioni?
«I parametri sono diversi, teniamo conto anche della qualità. Il problema è che sentirsi dire dei no’ fa sempre male. Ma se i progetti sono acerbi, la storia è fragile, noi dobbiamo tenerne conto. Non possiamo mandare avanti tutti, anche nel nostro settore serve meritocrazia».
I numeri sono dalla vostra parte, cosa manca ancora? «Serve una legge di sistema, come accade in Francia. Lì ogni impresa che opera nel settore paga una tassa ad hoc che finanzia direttamente l’audiovisivo. E, credetemi, funziona».

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